E’ una domanda ormai quasi “tormentone” soprattutto per noi danzatrici. Ma la danza orientale è una danza erotica??
La danza del ventre ha radici millenarie, che si possono rintracciare fin dall’epoca faraonica. Ha quindi un legame profondo con tutto quello che concerne il “culto” e la “spiritualità”. La danza orientale si configura come sviluppo delle danze sacre che venivano praticate nelle società preislamiche, alcuni legami si possono rintracciare nel culto per la dea babilonese “Ishtar”, la Dea Madre.
Successivamente la danza entra a far parte della vita quotidiana, comincia ad essere praticata da tutti, donne, uomini, anziani e bambini, in occasione di festività, banchetti, matrimoni. Facendo un breve excursus storico si può affermare che durante l’Impero Ottomano e poi sino al XIX secolo si sviluppò una danza di corte particolarmente raffinata. Dal XIX secolo le danzatrici cominciarono ad essere suddivise in categorie, le “almee”, artiste complete che sapevano esibirsi, solo davanti ad un pubblico femminile, anche in canto, musica e poesia; le “zingare” dalla vita seminomade, almeno secondo alcune testimonianze che ci sono giunte. Si esibivamo anche davanti agli uomini; infine le “schiave” di corte, le quali suonavamo abilmente il liuto arabo e che sapevano anche danzare. Echi di queste danzatrici ci pervengono dai racconti dei viaggiatori occidentali. L’incontro/scontro tra gli occidentali e le ballerine arabe fu di così grande impatto che durante le spedizioni napoleoniche in Egitto alla fine del Settecento, le “zingare” “provocarono scompiglio tra le truppe” e nel 1834 il governatore dell’Egitto Muhammad ‘Ali bandì le danzatrici e le prostitute dal Cairo che così furono costrette a trasferirsi più a Sud. Tornarono nella capitale nel 1850 quando il bando fu sciolto.
Questa vicenda fa comprendere bene come dall’Ottocento, con il passare del tempo, attraverso l’incontro con la cultura occidentale, questa danza sia stata associata alla prostituzione e quindi snaturata, interpretata in una chiave lasciva, sottovalutata e non apprezzata come una vera e proprio arte al pari di tutte le altre.
Dopotutto non sorprende se si pensa alla cultura occidentale ottocentesca, puritana e bigotta. Nel periodo vittoriano, ad esempio, gli inglesi coprivano addirittura le gambe dei tavoli, vedendo il pruriginoso nelle più svariate manifestazione della vita.
Quest’idea di una danza provocante e altamente seduttiva si protrae nelle menti occidentali anche successivamente. Un retaggio che continua, purtroppo, ad andare avanti, difficile da togliere. Alla parola “danza del ventre” si associa, purtroppo, ancora oggi, la visione di una ragazza attraente e molto poco vestita, che sa ben muovere il proprio bacino, accendendo le fantasie maschili. Una visione distorta che permane e che è spesso condivisa non solo dagli uomini ma anche dalle donne occidentali. Bisogna tuttavia ammettere che a volte questa visione viene sostenuta dalla presenza di pseudo danzatrici, spesso improvvisate, che, esibendosi in night club, giocano sulla seduzione e mischiano la danza orientale con movenze a volte volgari, o comunque eccessivamente provocatorie. In questo modo è come se vanificassero gli sforzi delle danzatrici professioniste che da anni si battono, sia in Oriente, sia in Occidente, perché la nostra danza risorga al suo vero significato, puntando sempre alla qualità artistica.
E’ stato pubblicato il libro “Le danze erotiche. Dalla danza del ventre alla lap dance” di Rino Capone, autore di svariati testi di danza, maestro di ballo e tecnico della FIDS. Si tratta di un’opera che ritengo possa creare alcuni fraintendimenti in un lettore poco esperto di coreutica, continuando a perpetuare l’idea che la danza orientale sia nata con scopi erotici. E’ una conclusione a cui si arriva velocemente se la danza del ventre viene associata alla lap dance già nel titolo. Il lettore esperto potrà capire che sì, la danza orientale ha in sé elementi di seduzione, che sì, come dice Walter Sorell nella sua “Storia della danza – Arte, cultura, società” “l’innegabile fisicità della danza può implicare un potenziale erotico”, come ha riportato Capone nella sua introduzione, che sì ci sono, ahimé, numerose danzatrici che basano i propri spettacoli sulla fisicità sottilineando l’aspetto più spinto dei movimenti, ma che l’origine della danza orientale è ben diversa da quella della lap dance. Chi non conosce la storia della danza, difficilmente potrà effettuare questa considerazione logica, così continuerà a pensarla come si pensava nell’Ottocento e cioè che le ballerine di danza orientale sono alla stregua di prostitute e che questo tipo di danza non possa essere considerata né seria, né tantomeno alla pari degli altri balli.
Il fatto è che la lap dance nasce con spiccati intenti di provocazione erotica, la danza orientale no, perché ha legami con la spiritualità e i culti sacri.
Sorell, poi, parla di “potenzialità” erotiche legate al valore del corpo, un assioma assoluto che condivido, che però è un essere “in potenza” che non necessariamente deve divenire “in essere”.
Una ballerina di danza orientale non è obbligata a puntare il proprio spettacolo sull’erotismo. La maggior parte di noi non lo fa. Soprattutto nello stile raqs sharqi che Capone cita come “danza sexy”, gli elementi di contaminazione con la danza classica, elevano la danzatrice e ne esaltano la femminilità, ma non l’erotismo, il che è molto diverso.
Tengo a sottolineare che questo discorso è ben lontano da avere intenti morali o etici.
Si tratta di una discussione che coinvolge molte danzatrici e che vede uscire continui “post” anche sul noto social Facebook.
Ciò a testimonianza del movimento di “rivolta” pacifica, per così dire, di tantissime ballerine che Capone considera appartenere a “correnti di pensiero e scuole ad impostazione ‘intimistica’ (5) (p.25 le danze erotiche) che punta a recuperare lo spirito primigenio (così dicono le persone esperte) di questa danza, per sottrarla alla mercificazione della coreutica erotica, e per affrancare la donna dalla condizione di semplice oggetto del piacere maschile”. Capone prosegue dicendo che è “difficile capire se questa sia un’operazione culturale o anch’essa commerciale, o l’una e l’altra cosa insieme (…)” e che “in ogni caso, è opportuno precisare che non è stato mai facile dimostrare e datare la transizione da danza rituale a seduttiva”.
Personalmente ritengo che il difendere la natura sacrale di questa danza sia un’operazione culturale di recupero delle sue origini e che si ponga, anzi, in contrapposizione con un’operazione commerciale. Del resto l’erotismo potrebbe in qualche caso essere per così dire “più pagato” e forse anche più apprezzato da certo pubblico. Quindi credo che ribadire la serietà e la professionalità con cui si danza sia per un certo verso, un andare “controcorrente”.
Del resto sono tante le forme di danza erotica che imperversano in televisione e nei locali, e credo a Capone, visto la sua esperienza nel campo, quando afferma che anche nell’ambito della danza sportiva la seduzione spesso faccia da padrona. La vera novità, quindi, oggi, parrebbe proprio il non perseguire il modello della “donna oggetto del desiderio”, pur nella femminilità dei gesti e nell’espressione dei sentimenti.
La problematica è stata affrontata in modo compiuto anche dal noto ballerino e coreografo Amir Thaleb che nel suo testo “La millenaria danza del ventre” riserva un capitolo al tema “Danza del ventre: sensuale… erotica… o mistica”. Thaleb afferma giustamente che (p.74) “la sessualità in questa danza è costantemente presente in forma di energia vitale (nulla a che vedere con la rappresentazione dell’atto sessuale), come fonte di energia suprema di sublimazione mistica della passione e della sensibilità umana attraverso il ballo, liberazione di tutti i sensi verso il cosmico. Quando si dice: “affinché questa danza raggiunga la sua massima espressione deve venire da dentro” si intende che questa è una danza orgasmica nel senso stretto di liberazione energetica e funzione liberatoria dell’essenza di ogni essere umano, forza puramente spirituale che offre, dal più recondito di noi stessi, un’emozione intensa senza la quale mai potremmo esprimerci attraverso il linguaggio della creazione artistica”.
In Occidente, in Italia nello specifico per ciò che ci riguarda, per fortuna la danza orientale è ben accettata e accolta nei migliori teatri. Soprattutto grazie ad alcuni maestri di fama nazionale ed internazionale presenti nel nostro Stato, vengono spesso organizzati grandi eventi, manifestazioni, stage e corsi che hanno come obiettivo principale quello di trasmettere sia alle danzatrici, sia al pubblico, il vero valore di questa danza. Grazie allo scambio con i maestri più importanti a livello mondiale, i quali girano per le varie nazioni in tournèè proponendo le proprie tecniche e coreografie, è possibile mantenersi sempre aggiornati e quindi migliorare.
Se alle danzatrici questo panorama è piuttosto noto, ritengo che ancora molto si debba fare, soprattutto nelle realtà di provincia, affinché il pubblico finalmente “conosca”. Dietro al pregiudizio infatti regna l’assoluta non conoscenza di quest’arte, tanto che sovente, la maggior parte delle persone si stupisce addirittura che la danza del ventre possa essere praticata anche dagli uomini. La non conoscenza, tuttavia, non è per così dire “colpa” del pubblico, ma di noi danzatrici che dobbiamo sforzarci sempre di più di incrementare, anche nelle piccole realtà locali, la comunicazione, organizzando eventi di qualità.